LE CARTE
Le carte Talmeh, anagramma dell’eroe shakespeariano, create per questa performance, sono una rivisitazione degli arcani maggiori dei tarocchi. Ogni carta rappresenta un episodio o un personaggio della storia di Amleto e corrisponde a un momento di vita e stato emozionale. I tarocchi diventato pretesto per interrogare il nostro io e guidano l’azione, gli sguardi e le parole dei performer che le interpretano. “Schiacciato dal peso di infinite possibilità, l’uomo occidentale soffre oggi una difficoltà crescente nel prendere decisioni, e, non diversamente da 400 anni fa, il dubbio rimane la reazione all’ideologia dominante del libero arbitrio.” Martina Marti. Le carte Talmeh non servono a semplificare il processo decisionale o a predire il futuro. Al contrario, offrono un’alternativa alla moderna necessità di controllare tutti gli aspetti e le emozioni della nostra vita. Creano uno spazio per esitare, per il dubbio e l’onirico, uno spazio per il non-conosciuto, per l’indecisione. È in questo luogo che diventiamo consapevoli degli altri e delle nostre azioni in relazione a loro.
LE ORIGINI
Lo spettacolo nasce da un incontro tra due realtà artistiche e dalla volontà di Michele Losi di portare in Italia il progetto finlandese ideato da Gnab Collective. Campsirago Residenza ha quindi accolto l’incontro tra l’autrice Martina Marti, i performer Giulietta De Bernardi, Anna Fascendini e Marco Mazza e il fotografo Erno Raitanen. È iniziato un processo produttivo che supera la riproduzione in lingua italiana di un format straniero e si trasforma in un percorso che riconosce l’unicità degli interpreti e dei luoghi coinvolti: la restituzione ha dato vita a una nuova alchimia artistica che vede protagonisti i perfomer di ScarlattineTeatro. Sono proprio loro, e il loro immaginario, i soggetti delle preziose carte Talmeh nate da oltre 1200 scatti fotografici realizzati sulle colline briantee, sul lago di Como e nella baia di Helsinki.
RASSEGNA STAMPA
«In “Hamlet Private” si riscopre il calore di una conversazione a bassa voce, uno scoprirsi lentamente assieme alle carte, quasi un farsi fare le carte, quasi un solitario, quasi tarocchi. Un tavolino, che pare quello iconografico delle sedute spiritiche, in un incontro uno ad uno (uno spettatore e un performer), per evocare gli spiriti di Amleto (il padre) e i tanti che vivono, circolano, abitano dentro di noi e che mettiamo a tacere nella fretta delle cose da fare nelle nostre agende piene zeppe di eventi che sembrano inderogabili e irrinunciabili. C’è la colonna del nostro essere e quella del desiderio e nel mezzo tra le due quella del ponte per raggiungere da una l’altra. È un gioco a pescare dentro di sé ricordi e traumi e, se uno ha voglia di raccontarsi, riuscire a tirare fuori, con un perfetto sconosciuto, cose mai dette ad essere vivente. Una nenia in sottofondo ci tiene sospesi in un anfratto, parentesi del mondo reale; qui adesso viviamo nel sogno ma anche nel teatro e siamo noi gli attori, viviamo in Amleto ma non siamo certamente lui, viviamo i nostri ricordi, i nostri errori, ci analizziamo senza più scusanti, senza un pubblico al quale dare ragione o torto, senza alcun giudizio, senza salvezza né condanna eterna. Siamo uomini, siamo deboli e fragili, miseri e fallaci, sbagliati e terreni. Il nostro Caronte-croupier gira le carte, la fortuna e la sorte ci vengono incontro, ogni carta ha i suoi lati solari come quelli ombrosi e cupi, e la palla passa a noi se ci vogliamo confrontare su una materia ostina e complicata come noi stessi, tema nebuloso e doloroso. C’è chi esce dall’incontro cambiato, chi stravolto, chi ha pianto, chi si è commosso, certamente non se ne rimane neutrali, smuove, scuote, sposta, è un respiro che ci aiuta, che ci fa riflettere e pensare, è utile e necessario. “Hamlet Private” è il tarlo nel tavolo, sono le domande ricorrenti, sono le porte socchiuse che abbiamo paura di riaprire, sono le scelte non affrontate, è il timore di sbagliare, ma è anche la consapevolezza di chi siamo e di chi, con impegno siamo voluti diventare, è un cammino senza fine perché non conta la meta se non ti godi il viaggio.» Tommaso Chimenti – Recensito
«Si rivela, più nello specifico, che ogni esistenza umana è sospesa tra l’abisso limitante del dubbio e la voragine del desiderio infinito. Il suo dramma è così la ricerca di un’uscita della stessa «bufera» che trascina Amleto, una conciliazione tra questi due estremi. Il dubbio va reso meno ferreo e il desiderio va meglio controllato, arrivando alla sintesi del “dubbio desiderante”, o del “desiderio dubitante”. In ogni caso, la rivelazione che il destino di ciascuno coincide con quello di Amleto mostra come la natura umana sia il riflesso di un archetipo mitico che si ripete dall’eternità, di un fato atavico a cui nessuno può sfuggire.» Enrico Piergiacomi – TeatroeCritica
«Assistere ad Hamlet private significa vivere un’esperienza confidenziale ed esclusiva. Non solo perché destinata a un solo spettatore, ma anche per la segretezza e l’intimità riservate al luogo della performance. Con l’aiuto del sistema divinatorio di carte Talmeh il destino di Amleto si intreccia a quello dello spettatore. I dubbi e le incertezze del primo fanno da specchio a quelli del secondo, forse meno tragici ma altrettanto essenziali. Le carte interpretate dal performer diventano strumento di (ri)lettura e restituzione da un lato della storia e del personaggio di Amleto, dall’altra del sentire e del vissuto dello spettatore seduto di fronte a lui. ScarlattineTeatro restituisce così un Amleto privato e ancora attuale. Contemporaneo ma mai domestico.» Valentina Sorte – STRATAGEMMI – prospettive teatrali.
«Amleto è la vita. […] riesce sempre in qualche modo ad esercitare una forma animalesca di fascinazione. È questo che Martina Marti ha avuto l’intuizione di capire, trasformando lo spettatore in un Amleto alle prese con la scrittura della propria drammaturgia, e con un Orazio personale a fargli da guida spirituale fra segni e simboli che in realtà sono familiari prima di tutto al proprio intuito.» Renzo Francabandera – Paneacquaculture.
«Hamlet private ha un che d’iniziatico. ScarlattineTeatro parla all’Amleto che sta dentro di noi. Interroga i nostri spettri, la violenza che ci attanaglia, quel po’ di follia e vendetta, amore e complicità.» Vincenzo Sardelli – Krapp’s Last Post.
«Ne esce una storia del tutto personale dove ritrovarsi, nella quale trovare spinte e sponde, rivincite e uno sprone per il futuro. Questo Hamlet private rimette in connessione con l’io più profondo e, se ascoltato bene (soprattutto grazie all’accogliente capacità d’ascolto dell’attrice–cartomante) sposta il baricentro e ci fa vedere più chiaramente la nostra strada, dove siamo e dove vorremmo arrivare. Ogni carta voltata è un aspetto della nostra vita, ogni carta una sorpresa, un pezzo di noi che deve (se si vuole giocare fino in fondo) essere spiegato e portato alla luce. È formativo parlare di sé a uno sconosciuto e vedere, alla fine dell’ora di incontro, quanto siamo riusciti a formalizzare idee nascoste, sentimenti repressi, stati d’animo nebulosi, che non riuscivamo a estrapolare dal fondo di noi stessi.» Tommaso Chimenti – Hystrio
«Nel significativo e stimolante Hamlet private di ScarlattineTeatro il rapporto è ancora tra uno e uno in uno spazio privato/pubblico, il retro di un bar. Su uno script di rara suggestione di Martina Marti, la lettura comparata di un mazzo di carte illustrate fa scaturire in una specie di autoanalisi, quasi una confessione, tutto il privato dello spettatore.» Mario Bianchi – Krapp’s Last Post.
«Giulietta De BernardI posiziona una clessidra piena di sabbia nera e mi mostra le carte Talmeh che ha in mano. Su ognuna di esse vi è una foto e una o due parole che la descrivono. Le carte istigano un’apertura: mi sono ritrovata a confidare i miei segreti più intimi a una perfetta sconosciuta. Finisco per raccontarle pezzi della mia vita, mentre la clessidra sembra scorrere veloce; anzi è velocissima. Quelle carte disposte sul panno rosso rappresentano la storia che le ho raccontato. Le guardo. Ne ho escluse solo due, poiché tutte le altre si collegano a un momento del mio vissuto. Alla fine ne estraggo tre: passato, presente, futuro.» Aleksandra Lukac – Revolar.
«Lo spettatore pesca e colloca le carte stimolato dall’attrice cartomante. Emerge così per frammenti la visione di quella che potrebbe essere l’attuale situazione di vita del visitatore, fino a che, in un lampo finale, nelle sei carte chiave che a chiusura a quest’ultimo è stato chiesto di scegliere, l’attrice ricostruisce la struttura archetipica della vicenda d’Amleto. Lavoro intrigante e originale.» Franco Acquaviva – Sipario.
«L’invito è rivolto a indagare, ad andare alla scoperta di sé guardando al proprio passato e al presente che diventano narrazione, per scorgere direzioni già tracciate, e poi forza e energie protese nel futuro. Un’esperienza suggestiva, straniante, vissuta nell’intimità della propria casa in stretto contatto con un mondo letterario e culturale che affonda le radici nei secoli e che invita a un interessante gioco delle parti, ritmato dal tempo di una clessidra.» Laura Vicenzi – Bassanonet
«Un’esperienza singolare in cui verità, finzione, suggestioni, interrogativi si mescolano e creano una sorta di viaggio psicoanalitico in cui ci si affida alle parole dell’interprete che rivelano i significati delle carte.Una mappa su cui riflettere e affidarsi ad un destino che conduce ad ascoltare la storia di Amleto di cui si resta affascinati per l’interpretazione che l’attore sa dare per evocazione e suggestione. Lo script di Michele Losi e Martina Marti da corpo all’interpretazione dei performer. ScarlattineTeatro persegue l’obiettivo di cercare sempre nuovi linguaggi contaminandoli tra di loro, abbattendo le barriere che ci sono tra il teatro, le performance, la danza, la musica e le immagini. Si va via con la sensazione di aver vissuto un momento di profonda intimità dove ci si può svelare senza timore. E l’amletico dubbio « Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine?» resta inevaso ancora una volta. Shakespeare sembra essere un nostro contemporaneo.» Roberto Rinaldi – Rumorscena
«Hamlet Private di ScarlattineTeatro: nomen omen, la proposta localizza in un territorio programmaticamente individuale la rilettura del capolavoro shakespeariano: sia il setting che il linguaggio riproducono quelli della cartomanzia, con l’attrice in funzione (atavicamente?) divinatoria e il celeberrimo testo usato come occasione per affacciarsi su una dimensione altra e, al contempo, del tutto personale.» Michele Pascarella – Gagarin Orbite Culturali.
«Attrice e spettatore scelgono le proprie carte, coperte proprio come nella vita, e la trama che ne nasce e appartiene a ciascuno sovrappone la narrazione del Principe di Danimarca con la nostra, con effetto alienante e anche dis-velante. Proprio come l’anima del teatro in cui leggere noi stessi nell’altro in scena, e scoprire l’uno e l’altro, diversi ma condivisi.» Maria Dolores Pesce – Dramma
«Unicità e solidarietà voglio portare con me dopo questo viaggio e la consapevolezza che per mettersi in gioco basta svegliare il bambino che ho dentro, chiudere gli occhi, affidarmi e lasciarmi condurre. Sognare, sognare tutta la vita per ritrovare la forza di Amleto ed affrontare a piene mani la realtà che incontrerò domattina, quando le porte del mondo si riapriranno e la mia nave approderà nel porto.» Luca Pinto – il Chaos