prosa
adulti e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado
Anteprima marzo 2025
Debutto maggio 2025

L’origine della figura di Barbablù, trascritta e resa celebre da Charles Perrault, si perde nella notte dei tempi, nel patrimonio folklorico e nella trasmissione orale; Barbablù appartiene al mondo dell’immaginario collettivo, è un archetipo che incarna metaforicamente il male, si camuffa continuamente, si insinua e imperversa iconoclasticamente rinascendo ogni volta in nuove immagini di sé. A partire dalla storia di Gilles de Rais e dalla fiaba di Perrault, Barbablù ha attraversato la letteratura, il cinema, il teatro, la danza e l’opera lirica. Barbablù ritorna ossessivamente attraverso corsi e ricorsi storici e lo vediamo agire ancora oggi. Non esiste “un solo Barbablù”, ma infinite incarnazioni e declinazioni del male simboleggiato dalla sua figura.

Nella scrittura originale dello spettacolo, protagonisti non sono le figure di vittima e carnefice, ma due testimoni, ispirati i due gemelli della Trilogia della città di K di Ágota Kristóf, che portano il pubblico in un viaggio attraverso una moltitudine di stanze di Barbablù. I testimoni osservano tanti Barbablù diversi, ciascuno con la propria camera segreta. Come due scienziati osservano, vivisezionano, analizzano e testimoniamo le infinite possibilità di follia e perversione dell’essere umano. Tema dello spettacolo è così il male assoluto. Quel delitto talmente grave che non può essere espiato attraverso un atto di redenzione. Quale strada diventa allora possibile per l’umanità quando il male supera la soglia dell’incommensurabile e dell’inespiabile, quando eccede la misura umani?

regia Michele Losi | in scena Benedetta Brambilla e Sebastiano Sicurezza | drammaturgia Sofia Bolognini | scene e costumi Michele Losi e Annalisa Limonta | suono Luca Maria Baldini e Stefano Pirovano | luci Stefano Pirovano e Alessandro Bigatti | foto Alvise Crovato | video Luana Giardino | produzione Lorenza Brambilla | illustrazione Nina Losi |  ufficio stampa Giulia Castelnovo | distribuzione Francesca Lateana | una produzione di Campsirago Residenza | con il sostegno di Next – Laboratorio delle idee per la produzione e programmazione dello spettacolo lombardo – Edizione 2024/2025. Si ringrazia Claudia Saracchi.

Rassegna stampa

Un testo di grande durezza che, all’interno di una regia che trasforma l’intimo in metafisico su un palcoscenico in cui traveste di illimitato il suo limite quasi claustrofobico, precipita nei due bravi attori performer Benedetta Brambilla e Sebastiano Sicurezza chiamati a dipanare una intricata matassa linguistica, tra alto e basso, intrecciata di sangue e materia organica ma anche dei toni lievi della favola e della filastrocca, senza distinguo tra adultità e infanzia.

Semplice ma bella la scenografia dello stesso Michele Losi e di Annalisa Limonta, che curano anche i costumi, una scenografia che in certi particolari ricorda la poetica figurativa di Michelangelo Pistoletto, mentre per quanto riguarda le musiche e il suono di Luca Maria Baldini e Stefano Pirovano più che in un ‘ambiente’ musicale si è immersi in una vera e propria partitura.

Fa impressione vedersi esplodere, dalla parte della platea, il teatro della crudeltà artaudiana di fronte agli occhi. E’ quello che succede con questo spettacolo, dove le sensazioni olfattive, di carne e di sangue, sono freudiane soddisfazioni allucinatorie del desiderio di Barbablù nascosto in ogni singola coscienza. […] Il male non è più semplicemente banale, ma è una malattia cronenberghiana, che passa attraverso la carne degli interpreti attraverso i loro fonemi, rasoi in grado di far sanguinare l’aria che attraversano. Per questa pièce bisogna trovare, letteralmente cartografare, una nuova categoria filosofico-esistenziale, non più metafisica, ma ultrafisica […]  Benedetta Brambilla – con un incarnato uscito da un quadro di Schiele, dove la carne ha un dialogo tragico con le ossa – sputa tutta, ma proprio tutta, l’anima sul palcoscenico, proprio come il capitano Achab espettora il suo odio su Moby Dick. Sebastiano Sicurezza è un meraviglioso rock-and-roll robot dal volto biblico, un meccanismo ad orologeria ancora più efficace di un’arancia meccanica. Questi Hansel e Gretel, persi nella zona più oscura della nostra psicologia del profondo, vanno decisamente dove non si tocca; si fanno venire i crampi fino ad annegare, deliberatamente, nel vasto mare di parole e di movenze del testo. Sono angeli portatori di luce, proprio come Lucifero, e, a ogni frase, dimostrano dolorosamente, attraverso un parto decisamente podalico, quanto sia preferibile regnare all’inferno, piuttosto che servire in paradiso. Il male, attraverso questo lavoro teatrale, ci è più vicino della nostra stessa giugulare. Ma il sempiterno gioco catartico del teatro è in grado di sublimarlo. D’altra parte, i fiori del male, Baudelaire docet, hanno un fascino irresistibile, e grondano, al posto della rugiada, poesia dai loro petali. Lo stesso fanno gli interpreti, che ritrovano persino un paio d’ali, quando si uniscono nell’uovo cosmico di un abbraccio che li redime; non più “animulae vagulae et blandulae”, non più belve, ma creature poetiche che hanno occhi grandi grandi da offrire alla platea, come nei quadri della pittrice Margaret Keane.

Grazie all’accorta ed efficace interpretazione di Benedetta Brambilla e Sebastiano Sicurezza lo spettatore si sente attratto da una spirale dove malvagità, narrazione dai richiami splatter, sotterfugi e ispirazioni verso la liberazione dalle catene del male si alternano in un ritmo sincopato a tratti accompagnato dal manto musicale dell’Inno alla Gioia. […] Barbablù in questo spettacolo diviene qualcosa di più di un appellativo antonomastico. Qui si pone il confine tra il demoniaco da abbattere e il risucchio del proprio io, indicando tuttavia la via della salvezza: in una nuova primavera, grazie all’annullamento di un narcisistico ego, può avvenire il superamento del male che non può più a questo punto ritrovarsi nella propria identità. Un possibile orizzonte dell’umanità a partire da ciascuno di noi che merita certo il plauso del pubblico.

Il discorso quindi si allarga perché il male operato da Barbablù è metafora dei mali più estremi compiuti dall’umanità tra i quali sono annoverati i crimini di guerra. Una soluzione sembra apparire ma è da interpretare: “Tutte le porte si possono aprire basta avere la chiave”, diceva la mamma. E la frase è ricordata con speranza dai due testimoni interpretati dai due bravissimi interpreti che, sotto la guida magnifica e perfetta del regista Michele Losi, si donano anima e corpo senza risparmiarsi a un pubblico che li ha applauditi calorosamente. Spettacolo di notevole valore per la tematica trattata e per come è stato portato in scena, meritevole di essere visto anche una seconda volta per meglio coglierne tutti i significati contenuti.

Vediamo Benedetta Brambilla e Sebastiano Sicurezza testimoniare la voglia di potere, intrinseca nella violenza, qui senza distinzione di genere. […] La definizione ha sempre valore, ma aldilà della Storia, confermata o smentita, oltre la favola, resta la constatazione di quanto la violenza sia sempre in agguato e strumento per affermare il potere. Assume forme diverse, si traveste per non farsi riconoscere.

Una costruzione drammaturgica e fisica di grande armonia e coerenza. […] un fil rouge tra i volti dell’oscurità narrata, attraverso la drammaturgia di Sofia Bolognini: evocativa, incisiva e poetica, che esplode in tutta la sua potenza quando gli attori si rivolgono frontalmente al pubblico. Sebastiano Sicurezza e Benedetta Brambilla, in questa drammaturgia anche molto fisica, sono vitali, precisi, calibrati e capaci di attraversare più stili. Michele Losi, che torna a una regia “non itinerante” dopo alcuni anni, riesce a creare uno spettacolo che va oltre il mito o la fiaba, attraversando il concetto di “male assoluto” in maniera poetica e fiabesca, senza appesantire il momento scenico. Riuscire a portare un teatro concettuale a un livello di fruibilità tale è frutto di un lungo lavoro di studio e creazione collettiva. La scenografia, da lui curata, aggiunge un’ulteriore chiave di lettura allo spettacolo. Gli stendardi di residui di jeans, così come i brandelli di tessuto che invadono la scena, in queste monotonalità di bianco, nero e blu, aggiungono una critica alla società dei consumi, integrandola all’interno del concetto di male.

[Benedetta] e Sebastiano sono versatili e affiatati. Due veri talenti […] Di sicuro si vedono due attori molto bravi che si meritano tutti gli applausi sentiti ieri sera.

È il rumore secco che fa un vecchio baule chiudendosi. Al suo interno racchiude una massa informe di lingue di stoffa, strisce lunghe e sottili che verso la fine vengono vomitate sulle assi del palco come strisce di lava incandescenti, serpi pronte a seminare veleno.

Barbablù è un progetto di ricerca teatrale e performativa che comprende lo spettacolo, una fanzine illustrata a cura di Nina Losi e un format di discussione partecipata, da proporre al pubblico di studenti e studentesse a seconda dei contesti in cui il lavoro sarà ospitato. Gli incontri tematici verteranno sui contenuti principali attorno cui è costruito il progetto, ovvero: la dimensione storica della figura di Gilles de Rais/Barbablù, capitano dell’esercito francese nel 1400 e compagno d’armi di Giovanna d’Arco; il militarismo e la guerra come dinamica di sopraffazione, affermazione di potere e privilegio coloniale; la violenza di genere, nelle sue forme più quotidiane e spesso invisibilizzate dalla narrazione dominante; il patriarcato come realtà sociale che attua sistematicamente dinamiche abusanti sui corpi; un’analisi di alcune delle opere artistiche (teatrali, di danza, cinematografiche) che hanno raccontato la figura di Barbablù mettendone in luce di volta in volta diverse qualità e manifestazioni attraverso diversi linguaggi.