prosa
adulti e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado
Debutto marzo 2025

L’origine della figura di Barbablù, trascritta e resa celebre da Charles Perrault, si perde nella notte dei tempi, nel patrimonio folklorico e nella trasmissione orale; Barbablù appartiene al mondo dell’immaginario collettivo, è un archetipo che incarna metaforicamente il male, si camuffa continuamente, si insinua e imperversa iconoclasticamente rinascendo ogni volta in nuove immagini di sé. A partire dalla storia di Gilles de Rais e dalla fiaba di Perrault, Barbabù ha attraversato la letteratura, il cinema, il teatro, la danza e l’opera lirica. Barbablù ritorna ossessivamente attraverso corsi e ricorsi storici e lo vediamo agire ancora oggi. Non esiste “un solo Barbablù”, ma infinite incarnazioni e declinazioni del male simboleggiato dalla sua figura.

Nella scrittura originale dello spettacolo, protagonisti non sono le figure di vittima e carnefice, ma due testimoni, ispirati i due gemelli della Trilogia della città di K di Ágota Kristóf, che portano il pubblico in un viaggio attraverso una moltitudine di stanze di Barbablù. I testimoni osservano, come nelle wunderkammer cinquecentesche, tanti Barbablù diversi, ciascuno con la propria camera segreta. Come due scienziati osservano, vivisezionano, analizzano e testimoniamo le infinite possibilità di follia e perversione dell’essere umano. Tema dello spettacolo è così il male assoluto. Quel delitto talmente grave che non può essere espiato attraverso un atto di redenzione. Quale strada diventa allora possibile per l’umanità quando il male supera la soglia dell’incommensurabile e dell’inespiabile, quando eccede la misura umani? I due testimoni troveranno la risposta nel concetto di perdono elaborato dal filosofo francese Jacques Derrida, come unica soluzione al male assoluto: solo l’imperdonabile si può perdonare, senza che si cancelli l’oggetto per cui deve avvenire il perdono; solo a partire da un’etica al di là dell’etica, un’etica iperbolica che interrompa ogni economia dell’espiazione, della redenzione e del pentimento, si può scorgere l’apertura di un pensiero del perdono. “Il perdono prende senso (se almeno deve mantenere un senso, cosa che non è sicura), trova la sua possibilità solo laddove esso è chiamato a fare l’im-possibile e a perdonare l’imperdonabile”. Jacques Derrida

regia Michele Losi  | con Benedetta Brambilla e Sebastiano Sicurezza | dramaturg Sofia Bolognini | scene e costumi Michele Losi e Annalisa Limonta | musiche / sound design Luca Maria Baldini e Stefano Pirovano | disegno luci  Stefano Pirovano | produzione Campsirago Residenza | Con il sostegno di NextLaboratorio delle idee per la produzione e programmazione dello spettacolo lombardo – Edizione 2024/2025 | Si ringrazia Kurt Jagenbrein