formazione  |  teatro inclusivo  |  Per terra il cielo
condotto da
Anna Fascendini

Per terra il cielo è un progetto intergenerazionale di teatro sociale che vede coinvolti in prima persona alcuni malati di Alzheimer e di demenza e un gruppo di bambini di 5 anni. Si propone di utilizzare il teatro come strumento di comunicazione, per sviluppare una consapevolezza corporea, lavorare sulle dinamiche relazionali, stimolare la creatività e l’espressività del singolo e del gruppo, risvegliare la memoria del corpo, emotiva e sensoriale.  Per terra il cielo vuole fare di un’esperienza artistica un’esperienza di cambiamento individuale e collettiva. Il progetto si articola in un percorso laboratoriale che porta a un evento performativo condiviso con la comunità di riferimento.

Il piacere sociale più vivo è il coro, la comunità, la danza, l’arte 
Maria Lai 

Il teatro ci dà una grande opportunità: aprire un processo di profonda comunicazione, dove il comunicare significa mettersi in questione di fronte all’altro in una grande disponibilità, mostrando le proprie emozioni, i propri desideri, il proprio corpo. Dove comunicare diventa condividere, tramutare un’esperienza individuale in rito e coscienza collettiva. 

Per terra il cielo è un’occasione per dar voce ad un incontro tra persone: i malati di demenza e i bambini e tutti noi operatori che abbiamo la fortuna di assistervi.

Il progetto mira inoltre a incoraggiare la condivisione, la riduzione del divario generazionale, assicurando un’integrazione dei pazienti nella comunità e coinvolgendoli in prima persona nelle attività dedicate ai bambini, attraverso un approccio culturalmente sensibile e partecipato.

Bambini e anziani giocano senza sosta e senza risparmiarsi. Si danza e si canta insieme, si raccontano storie con i suoni, le parole e le mani. Disegniamo con i colori, giochiamo con le stoffe, il sale, la farina gialla di mais. Tutti noi – adulti presenti al laboratorio, assistenti sanitari, educatori, volontari, attori, musicisti, medici – siamo testimoni di un incontro speciale, spesso commovente, tra grandi e piccoli. E questo perché il teatro, il gioco per antonomasia, chiede di restar presenti a ciò che accade e mette tutti sullo stesso piano abbattendo le barriere legate alla malattia, all’età, alle possibilità fisiche dei corpi e delle voci. Fa nascere relazioni, magari fatte di soli sguardi, fugaci, ma intense e piene. I bambini chiamano per nome i nonni, e gli anziani (o grandi, come li chiamo io in rapporto ai piccoli, i bambini) si dedicano a loro con presenza totale. I volti cambiano d’intensità, si vive.

Il cielo per terra. Un laboratorio intergenerazionale in tempo di Covid-19

Le misure per il contenimento del contagio da Covid-19 limitano fortemente la possibilità di entrare nelle scuole per condurre laboratori teatrali e di stare vicino agli anziani nelle case di cura. Ma ora più che mai è fondamentale che l’arte e il teatro lavorino per creare comunità coinvolgendo tutti, includendo soprattutto le fasce più deboli della popolazione, quelle più esposte alla solitudine. Ancor più in questo momento difficile occorre lavorare sul concetto del “prendersi cura”, sul tema della condivisione, anche dello spazio pubblico, visibile a tutti e agibile da tutti. Non sono importanti le abilità o la preparazione personale nel canto, nella danza, nel teatro; a contare è lo stare insieme dando il meglio di sé nel gioco, nella festa, mantenendo la presenza fisica là dove possibile o colmando la distanza con l’energia, la voce, il movimento, la musica, le vibrazioni.

Nel settembre 2020 viene proposta ad Albino una nuova versione del progetto Per terra il cielo: l’idea è quella di andare con i bambini a giocare sotto le finestre delle case di cura, cantando, danzando, sfilando, sbandierando. Ci sono i protocolli Covid-19 da rispettare, ma si è trovato un nuovo modo di creare interazione. Là dove il contatto fisico attraverso il gioco prima poteva essere sufficiente per mantenere vivo l’incontro, adesso la distanza rende tutto più difficile. Il nome del progetto si capovolge, diventa Il cielo per terra. Ribaltiamo la visuale, troviamo nuove soluzioni possibili.

Il cielo per terra non può essere un laboratorio vero e proprio: non si può lavorare in continuità nel tempo puntando alla costruzione di relazioni durature, né al progressivo apprendimento di strategie di gioco. Il cielo per terra si trasforma perciò in un “incontro spettacolare”, un evento dove vengono predisposti tempo, spazio, musica e azioni che tengano uniti sguardi e intenzioni, nell’improvvisazione del momento.

Con i bambini e un musicista si occupa lo spazio attiguo alle case di cura, cortile o giardino che sia, per farsi sentire dagli anziani alle finestre, ma anche dai passanti: un modo per dare espressione ad un senso di condivisione e socialità. L’interazione con gli anziani sarà limitata dalla distanza ma si indagano le possibilità di incontro: si può’ condividere un tempo, un’azione, un canto, un segno, un disegno, un’emozione.

Se nel laboratorio in presenza poteva essere solo un’attrice a condurre il gioco, per gli incontri spettacolari de Il cielo per terra è prevista la presenza anche di un musicista. La musica suonata dal vivo diventa presente come “elemento vivo”, necessariamente mutevole ed esistente solo nel momento contingente dell’esecuzione, in relazione strettissima con il gioco che avviene tra bambini e anziani.

Il percorso può essere declinato su più incontri, che hanno tuttavia valenza anche singolarmente. Gli interventi della durata di un’ora vengono strutturati su tre momenti differenti per creare un climax all’incontro: l’avvicinamento o parata, il gioco, infine il saluto.

Evoluzioni possibili

In questo momento ancora così complesso, c’è bisogno di pensare ad una modalità d’intervento che sia sostenibile: nel tempo, nei costi, nella risposta alle esigenze della comunità di riferimento. Perché un progetto come Il cielo per terra abbia una ricaduta importante sulle dinamiche di comunità è necessario pensarlo a lungo termine e non come evento estemporaneo. È urgente lavorare sul coinvolgimento delle comunità locali e, attraverso le persone del luogo – che siano associazioni, istituzioni o anche singoli attori, educatori, musicisti o volontari – attivare dinamiche virtuose che promuovano il lavoro intergenerazionale, anche e soprattutto in questo tempo di pandemia. Le competenze necessarie perché l’incontro spettacolare tra anziani e bambini possa avvenire non sono difficili da attivare e da incanalare in modo appropriato, affinché questa buona pratica possa essere il più “contagiosa” possibile.

Tiritempo

Nel mese di settembre e ottobre del 2022, grazie al festival di letteratura per l’infanzia di Cagliari, ha preso avvio un altro progetto intergenerazionale. In occasione del 17° Festival Tuttestorie di Letteratura per Ragazzi, mi viene proposto di lavorare sul tema del tempo, attraverso la pratica di laboratori intergenerazionali di teatro che conduco ormai da diversi anni. Per ragionare sul concetto di tempo è un ottimo punto di partenza mettere in comune il tempo di persone di età molto distanti tra loro, anziani e bambini. Per potermi nutrire di giuste parole e tracciare un sentiero di senso nel complicato tema del tempo scelgo di avere una compagna di viaggio speciale: la poetessa e scrittrice Giusi Quarenghi. Giusi non potrà essere fisicamente presente al lavoro ma funzionerà per me come un timone per suggerire possibili interrogativi che ci guidino.

Cosa fa di te il tempo? Cosa ne fai tu del tempo? Se avesse voce il tempo, cosa ne farebbe? Versi? Urla? Silenzi? Canzoni? Rumori? Cosa ne farebbe? Il tempo è vuoto o pieno? Liscio o ruvido? A pezzi o tutto intero?

Con Manuela Fiori, direttrice artistica del festival, prendiamo contatto con la realtà territoriale che più ci sembra sensibile alla proposta: il centro diurno “Don Orione” di Selargius. Il centro si impegna per portare la filosofia della Dementia Friendly Community in Sardegna. Insieme a Marta Malgarise, psicologa del centro Don Orione, condividiamo l’articolazione del progetto. Tiritempo si realizza attraverso quattro azioni differenti e concatenate tra loro, per fare in modo che in tanti, una comunità ampia, la più ampia possibile, possa godere dell’esperienza. La prima azione è un laboratorio di formazione per gli operatori sociosanitari e gli educatori che si occupano degli ospiti del centro diurno e della Comunità alloggio. Il laboratorio prevede un approfondimento delle pratiche intergenerazionali con uno specifico lavoro rispetto all’utilizzo del teatro come laboratorio sociale e di comunità. Il corso di formazione per gli operatori prevede anche la partecipazione alla seconda azione di Tiritempo: la settimana di festa.

La settimana, cuore del progetto, si articola in un ciclo di laboratori che vedono protagonisti gli anziani ospiti del centro e alcuni gruppi di bambini di età compresa tra i 5 e gli 8 anni. Le scuole dell’infanzia del paese e alcune classi della scuola primaria rispondono con entusiasmo all’invito. Passiamo una settimana a giocare insieme, nel giardino del centro diurno e, solo per l’ultimo giorno, nel salone della scuola dell’infanzia vicina. I gruppi di lavoro cambiano ogni giorno, sono costituiti da una decina di anziani ospiti del centro e della casa alloggio, da una classe di 15-20 bambini, le maestre, gli operatori. Stiamo quasi sempre disposti in cerchio, per vederci tutti. Si balla e si canta, si batte il ritmo con le mani, si gioca con il teatro per trasformarci in quello che vogliamo e per raccontare storie. L’incontro tra bambini e anziani è sempre una sorpresa; i piccoli arrivano un po’ timorosi, si lasciano prendere dal gioco lentamente, come a testare fin dove possano spingersi con quei compagni inconsueti e se ne vanno salutando agitando le mani e chiamando per nome i loro nuovi amici. Gli anziani si lasciano travolgere dal movimento, dal ritmo, dal suono. Vogliono dire, comunicare, partecipare, toccare, cantare, ballare insieme ai bambini. Anche chi è sulla sedia a rotelle, anche chi ha smesso da tempo di parlare ha occhi vivi, che vogliono esserci. Durante i laboratori di questa settimana, mentre io conduco il gioco, Monica Serra, collega attrice, registra il sonoro dei nostri incontri: parole, risate, canzoni, ritmi. Sarà con questo materiale sonoro che proveremo a comporre una traccia che possa raccontare dell’esperienza in occasione del Festival Tuttestorie.

La settimana di festa si conclude con la terza azione del progetto Tiritempo: è L’Alzheimerfest Sardegna. Il sabato pomeriggio il centro Don Orione apre le porte del suo cortile a tutta la comunità e così la festa si allarga. Altri laboratori intergenerazionali vengono proposti per tutti, si mangia, si balla, si canta insieme. Ci sono gli ospiti del centro con le loro famiglie, il personale, gli amici, il gruppo scout di Selargius e qualche curioso. Anche le autorità del paese sono presenti. Si parla di nuove progettualità, si sogna di abbattere i muri della recinzione del parco per fare una piazza pubblica nel cortile del centro. Infine, per la quarta e ultima azione ci spostiamo al Festival Tuttestorie: la comunità di Tiritempo si fa ancora più ampia. La traccia sonora delle voci dei protagonisti di questo viaggio e la musica di Luca Maria Baldini incrociano la mostra “Rughe, Rigagnoli, Fossi, Fossette”, un progetto a cura di Elena Iodice con le fotografie di Daniela Zedda, ispirato al lavoro dell’artista Tullio Pericoli.