teatro ragazzi
teatro fisico d’attore e teatro di figura
Dai 3 anni
50 minuti
DEBUTTO giugno 2023
Lo spettacolo è proposto in due versioni: una per spazi non teatrali e una per i teatri.

Tre attrici raccontano: senza parole, danno vita a una nuova versione della favola classica attraverso il gioco con la paglia, il legno e la terra e animando tre piccoli maialini, una scrofa e il lupo. I tre porcellini non sono tre fratelli ma tre sorelle, non costruiscono da sole per difendersi ma condividono le loro case per arrivare a inventarne insieme una imbattibile, in una “bioedilizia” fantastica.

Di fronte a una casa di tale unione il lupo non potrà fare altro che esser invitato ad entrarvi!

Quello che mi ha sempre attirato di più della storia dei Tre porcellini era l’idea di costruire un’intera casa solo con la paglia, solo con il legno e solo con i mattoni. L’interesse per il materiale con cui i tre porcellini costruiscono le loro case, prevaleva nel mio immaginario d’infanzia sullo svolgersi stesso della favola dove il lupo alla fine, povero lupo, perde. I tre petulanti porcellini del musical Disney del 1933, con il suo indimenticabile ritornello, non suscitavano in me simpatia; mi divertiva di più intravedere la casa di paglia con il dettaglio dello zerbino, la casa di legno con una porta che restava in piedi senza le pareti e un pianoforte fatto interamente di mattoni (per non parlare del ritratto del papà dei porcellini sotto forma di salsiccia!).

Quando in età ormai adulta ho scoperto i cantieri partecipativi della bioedilizia in paglia e terra cruda ho pensato subito a loro, ai i tre porcellini. Al posto dei mattoni c’era la terra ma questo non mi allontanava dall’idea che se i tre porcellini si fossero messi insieme a costruire invece di fare ognuno la propria casetta avrebbero creato una casa in bioedilizia dove vivere tutti insieme per fronteggiare al meglio il lupo. L’ipotesi che la favola dei Tre porcellini sia stata inventata dalla lobby del mattone per incentivare l’edilizia industriale, ha ulteriormente acceso la mia curiosità. La favola appare per la prima volta nel 1843 in una raccolta inglese. È una di quelle storie che resta in testa facilmente rispetto a favole più antiche. La favola I tre porcellini ha un andamento lineare, che cavalca lo schema di struttura “a tre” così efficace nel racconto per l’infanzia. Il porcellino diligente, quello che si salva dal lupo, è un gran lavoratore e, al contrario dei suoi due fratelli che suonano e ballano tutto il giorno e costruiscono le loro case in quattro e quattr’otto, pensa solo a faticare. Ottimo modo di pensare per chi puntava allo sviluppo industriale di fine ottocento, la borghesia nascente.

Poi ho letto I tre porcellini di Giusi Quarenghi. Nel bellissimo albo illustrato da Chiara Carrer, la storia porta una rivoluzione alla trama: la casa del terzo porcellino, anzi della terza porcellina, è un cerchio di fuoco, un cerchio che permette di stare insieme al sicuro senza chiudersi dentro quattro mura. Scopro anche che lo spazio dedicato al combattimento di Sumo, il dohyo, è costruito con paglia, terra e legno. Conosco pochissimo il Sumo ma questa coincidenza mi apre a nuove associazioni con il mondo orientale dove la paglia è il triangolo, il legno il quadrato e la terra il cerchio, come il disegno shintoista del monaco Sengai Gibon (1750-1837).

Da tutto questo nasce l’idea dello spettacolo. C’ è un lavoro sui materiali, così fortemente evocativi di mondi antichi: la paglia della raccolta del grano, il gioco del costruire capanne di legna nel bosco, il profumo della terra. Poi c’è il lavoro con il teatro di figura che ci permette di aprire al mondo onirico.

Tre attrici raccontano attraverso il gioco dei loro corpi una nuova versione dei fatti: non sono tre fratelli ma tre sorelle. Non costruiscono da sole la loro casetta ma condividono le loro case per poi arrivare a costruirne una imbattibile, quella fatta di terra, paglia e legno. Di fronte a una casa di tale unione il lupo non potrà fare altro che arrendersi. Anna Fascendini, regista.

“Quando la regista Anna Fascendini mi ha contattata per illustrarmi il progetto teatrale 3 Pigs. Cosa è casa, chiedendomi la disponibilità di essere parte di un “viaggio” ideativo condiviso che portasse alla realizzazione di figure da poter animare all’interno del dispositivo teatrale, ho subito percepito un comune immaginario visivo e la possibilità di giocare con forme, materiali, linguaggi e dimensioni differenziate.
Un immaginario con oscillazioni tra l’onirico e il grottesco, la fiaba e la realtà, l’umano e il non umano.
Inoltre, le parole “Cosa è casa” e il lavoro sui materiali da una parte e dall’altra la costruzione di oggetti/soggetti da animare, incrocia due mondi a me cari: quello del Teatro di Figura e quello dell’architettura.
Nella mia testa e tra le mie mani sono nate immagini, disegni, tracce e colori quasi in maniera bulimica e la permanenza a Campsirago residenza a contatto e nel confronto continuo con Anna e con tutto il gruppo di “viaggio” ha amplificato e arricchito la mia dimensione creativa.
Sono stati partoriti i porcellini e le altre figure ed insieme a loro illustrazioni più ragionate e disegni invece nati all’improvviso, come una urgenza, dalle suggestioni ed indicazioni di Anna, dalle improvvisazioni delle attrici, Barbara, Sara e Benny, dalla drammaturgia di Sofia e dalla musica di Luca, unico uomo in un gruppo creativo di donne. Quindi “Cosa è casa” se non questo?”  Mariella Carbone
da un’idea di Anna Fascendini | drammaturgia Sofia Bolognini | oggetti scenici e marionette Mariella Carbone | musiche Luca Maria Baldini | in scena Barbara Mattavelli, Benedetta Brambilla, Sara Milani | regia Anna Fascendini | luci Andrea Violato | produzione Campsirago Residenza
Rassegna stampa

Borse, valigie. Giochi fatti di niente e con niente: dei rami, della paglia, e una casetta disegnata nel vuoto. Zero parole o quasi, per un teatro di figura che lascia spazio a un buffissimo grammelot di suoni, guaiti e grugniti.
Ma qui la drammaturgia è nei gesti naif che ricordano i giochi di una volta in campagna, quando ci si impiastricciava la faccia di terra, e per accendere la fantasia bastava l’immaginazione. In “3 PIGS” la fantasia disegna orizzonti utopici. Si carica di idealismo. Tocca temi come l’ambiente e la solidarietà. Allora si può riscrivere la favola dei “Tre porcellini” e ribaltarla. Ecco comparire delle rudimentali marionette, le zampe e il muso di un maiale. Ecco che la testa di un lupo diventa l’alieno; ma è soltanto uno straniero, e la paura si fa curiosità, e la curiosità diventa accoglienza.
Il valore aggiunto di questo teatro semplice è nella musica di Luca Maria Baldini, che proietta sul lavoro l’immaginario di una campagna assolata, la canicola su distese di grano. Baldini riproduce il sapore del rito. Ricostruisce, con la regia di Anna Fascendini, un piccolo mondo remoto.

E se invece di tre porcellini, protagoniste della celebre fiaba, pare di origine inglese, siano tre sorelle porcelline ? E perchè no? Ed è così che in scena nello spettacolo, senza pronunciar parola, vediamo in modo credibilissimo muoversi proprio tre porcelline in carne ed ossa, Barbara Mattavelli, Benedetta Brambilla, Sara Milani. Su drammaturgia di Sofia Bolognini, accompagnate gioiosamente dalle musiche di Luca Maria Baldini, le nostre nuove protagoniste della fiaba si muovono in scena attraverso un gioco in cui i celebri materiali delle case dei loro fratelli più famosi sono ora la paglia, il legno e la terra, biogradabili anche, assai più fragili è vero, ma che si adattano forse teatralmente meglio a diventare essi stessi parte di questa nuova e curiosa avventura. Le nostre tre porcelline fanno molta fatica a costruire le loro case con quei materiali così instabili ed evanescenti che ogni volta cascano, ma con loro sul palco ci giocano, rimandando ai piccoli spettatori il ricordo del grano con cui è fatto il pane, la consistenza soffice della terra da cui nascono i fiori, la forza umile del legno che può sorreggere ogni cosa anche senza le pareti. 3 pigs diretto con divertita e divertente ironia da Anna Fascendini, utilizzando anche il teatro di figura (gli oggetti scenici e le marionette sono Mariella Carbone) con l’apparizione di tre piccoli maialini, una scrofa e un lupo, la cui presenza ovviamente incombe su tutto lo spettacolo, risulta alla fine un gradevolissimo pastische che rimanda in modo gioioso  e intelligente al celebre archetipo fiabesco, aggiungendone nuovi significati.