In scena un’attrice sola. Si ha la sensazione di assistere ad uno spettacolo con due interpreti, in realtà tutto accade grazie ad una sola persona. La marionetta anima l’attrice. O meglio, l’attrice anima la marionetta che la anima. È a partire da questa visione, e da tutto ciò che è capace di evocare, che lo spettacolo prende avvio.
L’intenzione è di mettere il corpo umano nella condizione di essere creduto marionetta e di far credere marionetta ciò che è vivente: di far vivere al pubblico l’istante in cui la vita si manifesta, appare, comincia, o riprende.
Durante lo spettacolo lentamente il gioco si rivela, l’illusione si dissolve, ma gli occhi dello spettatore continuano a vedere vivo quel che la ragione ha compreso essere marionetta. Ed esattamente questo è il nostro desiderio e la nostra scommessa: mettere la vita nella condizione di essere osservata nel suo esserci e non-esserci, nel suo fluire e nel suo mancare e, insieme allo spettatore, vivere questo mutare grazie al potere illusionistico e artigianale degli strumenti del teatro di figura.
Talita Kum nasce da una visione, complessa e insieme lineare, come lo sono certi sogni del pomeriggio. E’ uno spettacolo nato senza parole che nel silenzio ci ha suggerito una storia. E noi le abbiamo dato vita seguendo la rotta di un viaggio che assomiglia molto a una febbre, a un mancamento, a uno di quei momenti in cui le energie si esauriscono e si confondono dentro i nostri incomprensibili confini.