L’universo del teatro di “animazione”, ossia quella forma di linguaggio teatrale che trasforma l’attore in “animatore”, mettendolo in relazione con l’elemento animato -che si tratti di materia, oggetto, puppet, feticcio, ombra- ha origini antichissime e in qualche modo coincide con la nascita del Teatro stesso, di cui è sempre stato strumento prezioso e fedele alleato. Nel corso del tempo ha trovato una sua specificità, dando origine a vari generi che a loro volta hanno sviluppato vere e proprie tradizioni (il teatro di burattini, il teatro delle marionette, il teatro d’ombre, il teatro d’oggetto etc.). Se da una parte ciò ha permesso a ciascuna tecnica di evolversi brillantemente, guadagnandosi una sua autonomia espressiva in ambito teatrale, dall’altra ha in qualche modo impedito -per un certo arco di tempo- che i vari linguaggi restassero in contatto tra loro, favorendo una frammentazione dei generi che ha trovato una comune destinazione nel “teatro ragazzi”, categoria a cui, soprattutto in Italia, sono spesso relegati. In tempi più recenti, tuttavia, l’attenzione verso questi linguaggi e la loro percezione ha cominciato a mutare e i linguaggi della figura e dell’animazione hanno ripreso a contaminarsi tra loro, scrollandosi di dosso molte delle etichette che gli erano state attribuite e tornando a fare ingresso nei processi creativi e produttivi di molti artisti e di varie compagnie. In poche parole questi linguaggi hanno ripreso contatto con la loro funzione originaria, ossia quella di essere uno strumento espressivo tout court della comunicazione teatrale, al pari della danza e del canto.