Sabato 13 febbraio, alle ore 17.00, Campsirago Residenza presenta in diretta sulla piattaforma Zoom la sua nuova produzione: Il Gatto con gli stivali, un racconto per il digitale immaginato e creato da Marco Ferro con tutti gli artisti della residenza.
Il Gatto con gli stivali, la cui drammaturgia originale è una riscrittura della celebre fiaba, è un lavoro che nasce appositamente per il digitale. Attraverso la compresenza e l’interazione di linguaggi e tecniche differenti che derivano dal teatro di figura – il paper theatre, il teatro d’ombre, la stop motion, il disegno animato, il pop-up theatre – il racconto prende vita all’interno della cornice digitale grazie alla presenza di un attore che ne narra la storia in diretta, servendosi di parole, immagini e filmati.
Il Gatto con gli stivali di Campsirago Residenza è un racconto perché si fa interprete della celebre fiaba, narrandone la storia, ed è multimediale perché lo fa attraverso la compresenza e l’interazione di diversi linguaggi, all’interno della cornice digitale. La narrazione in diretta è continuamente integrata da scene filmate che sono state realizzate attraverso tecniche differenti: il paper theatre, il teatro d’ombre, la stop motion, il disegno animato, il pop-up theatre. La componente figurativa del racconto e i materiali impiegati in esso presenti sono il frutto di un processo di creazione artigianale, che parte dal plasmare l’argilla, alla creazione di figure in cartapesta, dalla costruzione di silhouette, alla realizzazione di piccoli teatrini d’ombre, dal ritaglio, all’impaginazione in formato pop-up.
L’impiego di tecniche che derivano dal teatro di figura, oltre a farsi veicolo espressivo della storia narrata, permette mostrare la componente artigianale dell’intero processo creativo. Processo a cui, nell’ultima parte dell’incontro, viene dedicato un tempo di confronto e di dialogo con i giovani (e meno giovani) spettatori. L’intenzione e il senso dell’intero progetto non si esaurisce con il termine della storia narrata: questa versione del Gatto con gli stivali, infatti, vorrebbe essere un seme capace di attivare l’immaginazione e di stimolare la creatività di chi vi assiste, fornendo allo spettatore strumenti e suggestioni utili per l’elaborazione di un racconto in autonomia.
“L’interazione tra Pippo (protagonista maschile) e la gatta (protagonista femminile) è complessa e per nulla superficiale, svelando a frammenti quella profondità emotiva che viene trascinata per tutto il racconto. Conclusasi la storia narrata, è la vicinanza e la curiosità dei giovani spettatori a illuminare le tecniche e i linguaggi utilizzati […] e sono proprio i bambini a voler capire e scoprire i meccanismi che si celano “dietro le quinte”, mostrandosi da un lato figli della loro generazione, quella del multimediale e del digitale, e dall’altra curiosi.” Maria Elisa Altese, L’osservatore (CH)
LA RISCRITTURA DELLA FIABA
La fiaba del Gatto con gli stivali, opera tra le più discusse e controverse dei classici della letteratura per l’infanzia, è ben nota. Per la costruzione della drammaturgia si è partiti dalla versione di Perrault per poi abbandonarla e ripercorrerne le tracce a ritroso, attraverso la versione dei fratelli Grimm e di Straparola, fino ad approdare al “Cagliuso” di Basile, dove i toni scuri, il contesto di estrema miseria in cui è ambientato e la lingua amara di cui si serve, rendono il racconto comico e tragico al tempo stesso, lontano dal canonico messaggio moralistico ed edificante che viene sovente proposto.
Nella versione di questo racconto il significato più autentico risiede in quello che sul piano emotivo è il seme più durevole: la relazione tra un giovane e il suo alter-ego, tra un piccolo uomo e il suo “spirito” guardiano, ossia la relazione tra l’uomo e l’animale magico, tra le manifeste capacità (o incapacità) dell’essere umano e le sue nascoste risorse interiori.
LE TECNICHE UTILIZZATE NEL RACCONTO
L’impianto si fonda sulla presenza di un attore che in diretta svolge una triplice funzione: in primo luogo quella di narratore ed interprete dell’intera vicenda. In secondo luogo quella di animatore, poiché durante la diretta fa uso di elementi derivati dal teatro di figura per raccontare lo sviluppo della fiaba. E infine quella di tecnico, dal momento che è l’attore stesso a occuparsi della “regia intena”, inviando le traccie video di cui si serve durante la narrazione.
Per la realizzazione di questi filmati, allo scopo di privilegiare la componente fantastica del racconto, ci si è rivolti alle potenzialità espressive offerte dal teatro di figura, anche per restituire- attraverso strumenti dal segno spesso essenziale – la molteplicità di personaggi e di ambientazioni in esso presenti.
L’altro elemento che ha contribuito a determinare questa scelta è senz’altro la natura del Gatto. Nella riscrittura ispirata a Basile, il felino a cui si rifersice il titolo è una figura al femminile che durante l’arco del racconto – enfatizzando una traiettoria già presente nelle versioni letterarie – attraversa un processo di “artificializzazione”. Durante lo sviluppo del racconto questo processo, grazie alla figura, diventa visibile: la gatta si manifesta per la prima volta attraverso le impronte di fango lasciate a terra dal protagonista, diventa quindi una figura di argilla, per poi trasformarsi in ombra, quindi in silhouette e in figura di carta, per poi acquisire gradualmente sembianze sempre più umane, in un’ibridazione che fonde elementi del corpo dell’attrice con innesti derivati dalla figura.
Infine, l’ultimo aspetto per cui si è fatto ricorso alle tecniche del teatro di figura è di natura puramente artistica: inserendo il racconto in una cornice digitale che tende a “fantasmizzare” i corpi e a “virtualizzare” l’esperienza, è stato necessario trovare un elemento che facesse da contrasto e restituisse l’impronta estremamente artigianale dell’intero processo creativo. La peculiarità di questo formato permette di mostrare, in una relazione di stretta prossimità, la realizzazione del racconto attraverso il suo processo artigianale: la costruzione degli ambienti e dei personaggi, l’allestimento delle microscenografie, l’animazione dei teatrini d’ombre, l’animazione a vista dei disegni, l’impiego del paper theatre e della tecnica del pop-up. L’intento è infatti quello di rendere i giovani spettatori partecipi, non solo della storia narrata, ma anche dell’intero processo creativo che ha permesso di realizzarla, attraverso una prospettiva che ne svela l’illusione e l’artificio, senza tuttavia svilirne la carica di mistero.
Accanto ai disegni, alle figure e alle piccole scenografie, durante l’intero arco del racconto sono presenti numerose immagini tratte dalla storia dell’arte: quadri, dipinti e illustrazioni di pittori e illustratori vissuti tra il XVI e il XIX secolo (lo stesso periodo delle varie edizioni della fiaba).
Il racconto avviene in diretta sulla piattaforma Zoom. Per prenotare compilare il modulo:
Biglietto 10€ a connessione
Consigliato dai 5 anni.
Info: T. 039 9276070 | M. info@campsiragoresidenza.it
Immaginato e creato da Marco Ferro
Realizzato da Marco Ferro, Stefano Pirovano, Valeria Sacco, Giulietta De Bernardi, Soledad Nicolazzi, Anna Fascendini
Sonorizzazione a cura di Diego Dioguardi
Con Stefano Pirovano
Produzione Campsirago Residenza
Con il sostegno di Next – Laboratorio Di Idee Per La Produzione e Distribuzione dello Spettacolo dal Vivo Lombardo – Edizione 2020